Scuola, studente picchiato da insegnante perché gay. Arcigay a Miur: “Tra i banchi escalation di fatti gravissimi. Subito gli Stati generali”

  

Bologna, 17 novembre 2014 – “C’è un susseguirsi allarmante di fatti gravissimi inerenti la scuola rispetto ai quali si rende urgente un intervento del Miur”: Flavio Romani, presidente di Arcigay, a seguito della denuncia dello studente perugino riportata dai mass media, rivolge un accorato appello al Ministro all’Istruzione Stefania Giannini. “Negli ultimi mesi abbiamo letto di insegnanti cacciati perché omosessuali, o per lo stesso motivo indotti all’abbandono della propria cattedra; poi abbiamo appreso di un’occulta schedatura degli istituti scolastici richiesta dalla curia milanese attraverso la rete degli insegnanti di religioni, evidentemente eterodiretti. Storia che fa il paio con l’assurdo questionario diffuso in una scuola umbra un anno fa e che definiva l’omosessualità come una colpa. Poi, questa mattina, moltissime testate riportavano la notizia di uno studente picchiato da un insegnante perché omosessuale e sette giorni fa, sempre sui giornali, si discuteva del caso di un’insegnante che aveva definito l’omosessualità come una malattia durante l’ora di lezione. Non è sfuggito, inoltre, il decalogo diffuso dalla stampa cattolica per organizzare i genitori contro i progetti scolastici che hanno come obiettivo la lotta all’omotransfobia e il superamento degli stereotipi in tema di orientamento sessuale e identità di genere. Un’azione ignobile, che svela non solo una connivenza del mondo cattolico rispetto a discriminazione, bullismo e violenza a scuola, ma addirittura fa vestire a quella lobby, rispetto a queste emergenze, i panni del mandante”. “Occorre a questo punto non solo ricevere chiarimenti ma anche aprire un tavolo di discussione – esorta il presidente di Arcigay – che permetta di verificare  la messa al sicuro del nostro sistema scolastico rispetto alle scorribande ideologiche di chi vuole imporre il proprio modello educativo, aggirando qualsiasi organo di governo o processo democratico. Sulla scuola la nostra Costituzione contiene parole molto chiare: la scuola pubblica è un diritto da garantire e tutelare, senza alcuna discriminazione. E invece in Italia il sistema dei finanziamenti pubblici concessi alle scuole paritarie, in stragrande maggioranza cattoliche, già mina alla radice i nostri principi costituzionali. Non solo: la lettera “beccata” nella corrispondenza tra la  curia milanese e gli insegnanti di religione, poi goffamente ritirata, è la prova evidente del controllo esercitato dalle gerarchie ecclesiastiche sui docenti di Irc, un vincolo inammissibile e che getta un alone di insicurezza su tutta la scuola pubblica, che deve essere luogo di formazione e di accoglienza per tutte e tutti, senza corrispondere ad alcun dogma o credo religioso. La situazione insomma è inquietante – dice Romani – non è più tempo di rassicurazioni verbali o pacche sulle spalle, specie se si considera il rallentamento e in alcuni casi  addirittura la paralisi delle azioni antidiscriminazioni progettate dal ministero e da Unar. Ogni sospetto a questo punto risulta legittimo e spetta al ministro sventare i dubbi che questa serrata cronologia di eventi porta a noi e a tutta l’opinione pubblica. È il caso allora – conclude Romani – che il ministero indica un momento di confronto ampio sulla scuola e che in quel contesto siano illustrare le azioni che si intende mettere in campo per riportare la scuola sui binari imposti dalla nostra Carta costituzionale, dai quali da troppo tempo pare essere deragliata. Perché questo è il primo requisito ineludibile di una ‘buona scuola’ “.