«Guardateci, siamo gente normale»

  

PADOVA. In tre, sui 30 anni, giacca grigia e cravatta, tipi che più a posto non si può. Sfilano nel cuore del corteo, e si capisce che non sono lì per caso. In testa hanno berretti con la visiera: il primo con la scritta «il tuo impiegato di banca», il secondo è «il tuo assicuratore», il terzo «il tuo farmacista». E’ il senso di questo, come degli altri, Gay Pride: siamo gente normale, come voi facciamo lavori normali e siamo tanti. Ma proprio tanti. I 20 mila a Padova erano solo quelli disposti a farsi vedere, ma gli altri, quelli che sono rimasti a guardare, nascosti dietro alla finestra di un’identità posticcia, devono essere una marea. Quelli che invece ieri dalle finestre penzolavano a corpo morto, a guardare il corteo, erano i padovani.
Chi con la macchina fotografica, chi col bambino in braccio, chi col binocolo e chi, le clienti di un parrucchiere, con la tintura colante dai capelli. E, d’altra parte, quel fiume placido, orgoglioso e soprattutto allegro, è roba che non si fa dimenticare. Infatti, tutti fotografano, si fotografano e si fanno fotografare con i personaggi più appariscenti: Leonardo, 36 anni, è bombardato dai clic. Filippino, capelli alle spalle e abbagliante con il costume tradizionale di casa sua, ovvero nudo salvo un paio di passamanerie rosse di traverso sul corpo senza un pelo. Piume in testa. Un ben di dio pensano le etero, lo stesso pensa il suo fidanzato Massimo di 36 anni, impiegato statale di Roma: stanno assieme da 8 anni e 3 mesi, si sono scambiati gli anelli in una cerimonia tra amici e Massimo ha dovuto assumerlo per via del permesso di soggiorno. Assunzione fittizia, ma i contributi all’Inps li deve pagare, come le rate del mutuo che hanno fatto assieme.
«Tieni alta la farfalla» grida lo striscione delle lesbiche dell’Alto Adige, tante e scatenate, farfalle comprese. Va molto il kilt, dev’essere il diktat dell’ultimo Pitti omo di Firenze: maglietta bianca, gonnellino scozzese e anfibi, orecchino e tatoo sono dei must. «Me lo sono messo in omaggio a Madonna, che è la nostra madrina» dice Fabrizio, 20 anni, animatore turistico di Asti, arrivato col fidanzato che lavora in un supermercato, ha 27 anni e si chiama Salomé, in tema con il costume: veli verde pisello, top luccicante, chiome corvine, sandali numero 48, sugli occhi una riga di eye liner discreta come un’autostrada. Ma al lavoro ci vai così? Noooooo, mi metto in giacca. Così mi vesto per giocoooo! Quelle della farfalla cantano, ballano e si tirano dietro applausi dai simpatizzanti lungo il percorso, passano quelli della comunità cristiana di Pinerolo, passa una delizia mulatta che gronda pearcing, passa un trentenne in maglietta, quanto di più serio non fosse per il boa di struzzo. Sono tutti divertenti, divertiti e ironici. Passano, e si fermano, Domenico, 28 anni, calabrese e Germano, 32 anni, sardo: abitano a Genova, il primo ha una catena di negozi di abbigliamento, il secondo fa le pulizie in ospedale. Torso nudo, cuoio nero, cerchietti nei capezzoli e collanina-collare a spuntoni: parrebbero i cugini di spartacus, sono invece i fidanzatini di Peynet. Appiccicati se ne stanno, bacetti si danno, lievi carezze si fanno. Poi Peynet si sposta un attimino e partono le lingue e le mani. Che sarà, «siamo fidanzati da una settimana, è una storia che durerà, abbiamo gli stessi gusti». E si vede. Quelle della farfalla sono sempre più ilari, sfila lo striscione «se son lesbiche fioriranno» e passa Barbara con due amiche. Un metro e 85 più una spanna di tacchi, gonna scomparsa, capelli fino ai gomiti: ha 46 anni, è di Milano, già operata, ha cominciato a battere a 16 anni e adesso, dopo 30 anni, ha smesso. Vive con gli affitti di case che è riuscita a comperare e se la passa bene, adesso. Con lei Susy-Andrea, 21 anni, dal Brasile che ha lasciato una carriera sul parquet della pallavolo e Riccardo-Angela Giada, di Milano: metri di ciglia finte e chilometri di marciapiede. Loro se la passano meno bene. Marzia, 40 anni, è architetto, Laura, 49 anni, assistente in casa di riposo, Teresa, 45 anni, dipendente statale: vengono da Brescia, sobrissime, jeans, magliette, scarpe basse (il look delle gay donne è quanto di più misurato si possa immaginare). Loro non sventolano farfalle ma non hanno mancato un Pride. Le drag queen sono richiestissime, tutti vogliono la foto ricordo e loro non si negano manco a pagarle: Jenny Random è uno schianto, alta come una betulla e tutta leopardata testa compresa; Sheila le sta dietro, azzurra nuvolona: un lottatore di greco romana vestito da fata turchina. Grande. Sorride Valentina, 32 anni, di Ferrara, che un tempo era uomo: un sobrio vestituccio e capelli biondi. E’ psicologa, lavora in un centro di cura per le nuove dipendenze, si occupa dei gruppi di auto-aiuto per giocatori d’azzardo: «Di me sanno tutto i miei colleghi e senza problemi, ma non i pazienti». Le farfalle svolazzano e vengono intervistate dai 4 redattori in tuta rosa del programma «Good as you» (acronimo di gay), un canale di Tele + dedicato agli omosessuali: sono due gay, un trans, una lesbo e stanno girando uno special sul Pride padovano. «Hai mai usato il dildo?», ti chiedono a bruciapelo. E tu: gulp, rispondi davanti alla telecamera. Passano quelle di Bologna (l’Arcilesbica lì ha 600 iscritte) con Barbara, 39 anni, commerciante, in testa: «Troppa polizia», lamenta. Ma soprattutto ci sono loro, i migliori: l’angelo bianco e l’angelo nero. «Siamo cani sciolti», dicono Marco e Marco, l’uno, 40 anni, di Torino, barista, torso nudo e ali grandi, nere; l’altro, 29 anni, di Milano, impiegato, short perlati, stivali da moto bianchi e ali grandi, candide. Belli, ironici. Così conciati, nello sfilare davanti all’edicola di corso del Popolo, Marco chiede a Marco: «Compri tu Quattroruote?». Ogni passo qualcuno li ferma e giù scatti: posso? qui in mezzo a voi? E via. «Lo diresti che sono timido da matti?» butta lì l’angelo nero. E si fa una risata.


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