Francesco, digiuno a oltranza in TV

  

GENOVA – Francesco è dimagrito di nove chili. Oggi è il diciannovesimo giorno da quando ha iniziato a fare lo sciopero della fame davanti alla webcam di casa sua. Vuole sposarsi con Manuel e proseguirà la sua protesta finché il Parlamento non metterà in calendario la legge sulle unioni civili. Si alimenta con una pappetta energetica e qualche cappuccino: "Da una settimana ho tolto pure quelli: il latte mi faceva male". Nonostante i capogiri e il mal di stomaco che non lo abbandona un attimo, Francesco Zanardi continua la sua battaglia.

Al lavoro non ci va più: la piccola azienda di elettronica di cui è proprietario a Savona l’ha lasciata in mano ai suoi tecnici: "Non ho la forza neppure per uscire a fare due passi". Il viso è scavato e le occhiaie profonde, ma non demorde. Ogni mattina indirizza migliaia di mail ai politici e alle istituzioni. Ha scritto al presidente della Repubblica, all’Unione Europea e, naturalmente,
alle segreterie di tutti i partiti. La strategia è un "bombardamento a ondate": alle 8 del mattino; a mezzogiorno e alle 3 del pomeriggio. Settemila mail al Parlamento europeo; un paio di migliaia ai parlamentari italiani; tremila ai media nazionali. Attestati di solidarietà ne ha ricevuto da organizzazioni omosessuali e da semplici cittadini; da sacerdoti di strada come don Franco Barbero, leader della Comunità cristiane di base, e da politici o ex parlamentari che da sempre sono sensibili al problema (Paola Concia, Franco Grillini e Vladimir Luxuria).

"Ma non è sufficiente ", ammette Francesco. "I giornali sono stati i più sensibili. Ci hanno chiesto interviste anche le televisori spagnole ed un quotidiano americano. Domani il senatore Ignazio Marino accenderà in diretta tv la fiaccola che simbolicamente girerà l’Italia intera per raggiungere infine Montecitorio. Ma il Parlamento ancora tace. D’altronde le organizzazioni omosessuali straniere mi avevano avvertito: con i tempi della politica italiana, hai tempo di morire di fame, mi aveva detto un amico di Bruxelles. E, forse, aveva ragione".
Dagli schermi della TV LGBT (Gay, Lesbiche, Bisessuali, Transessuali), Francesco, 38 anni, appare esausto nel fisico. La trasmissione va avanti da venti giorni. Quasi una nonstop, interrotta solo qualche ora della giornata per lasciargli la possibilità di coricarsi un po’ sul letto. A fare lo sciopero della fame avevano iniziato in due, lui e il suo compagno Manuel Incorvaia, 16 anni più giovane. Ma dieci giorni dopo, Manuel si è ritirato su consiglio del medico. Davanti alla webcam è rimasto solo Francesco, il più agguerrito tra i due, da sempre in prima linea per i diritti degli omosessuali, già fondatore del movimento Gay Italiani. Non gli piace però che la sua protesta in tv sia paragonata al Grande Fratello: "Non banalizziamo! La nostra è una richiesta legittima a cui l’intera Europa ha risposto. Solo l’Italia finge di non capire".

Le unioni civili sono regolarizzate praticamente in tutta l’Unione Europea. Addirittura le coppie dello stesso sesso si possono sposare in Olanda, Belgio, Norvegia, Spagna, Svezia. In Italia no. In Italia esistono presso alcuni amministrazioni comunali registri in cui si certifica la convivenza ma senza riflessi civili sulle proprietà dei due o sul loro sistema pensionistico.

Una sera, durante un viaggio in Grecia, Francesco è stato vittima di una grave aggressione omofobica: "Mentre ero all’ospedale pensavo: se da qua non uscirò vivo, Manuel perderà tutto. Non solo me, ma anche tutti i miei averi, la casa, la pensione, tutto. Noi due viviamo come marito e moglie da tre anni, ma per la legge italiana Manuel non ha alcun diritto, non esiste. E queste cose non sono accettabili in uno stato di diritto".

Francesco lo ripete ogni volta che qualcuno gli domanda perché ha iniziato a fare lo sciopero della fame: "In Italia ci sono due modi di essere omosessuali. L’uno, quello scelto da me e da Manuel, è mostrarsi al mondo così come si è, senza nascondere nulla a nessuno, in pace con se stessi. L’altro, è decidere di non essere visibili: meno problemi sociali ma molti più interni. Lo Stato ci vuole far sentire esseri sbagliati. Ma noi non siamo sbagliati.
Vogliamo il rispetto dei diritti riconosciuti ai coniugi eterosessuali, così come sancito dalla Costituzione. Nulla di più".

Leggi l’APPELLO-LETTERA al Parlamento scritto dalle Associazioni LGBTI italiane il 17 gennaio 2010 in sostegno della protesta di Francesco e Manuel


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