Marginalità lgbt, presentati i risultati della ricerca di Arcigay

  

Si è svolta oggi a Bologna presso la sede dell’Arcigay una prima conferenza di presentazione dei risultati del progetto “Approdi Negati – Interventi di riduzione dell’Alta Marginalità delle persone lesbiche, gay, bisex e transgender (LGBT).”, progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ai sensi della legge 383/2000, articolo 12 , comma 3, lettera f.

Il progetto ha coinvolto persone senza dimora, sex workers e strutture del pubblico e privato sociale di 5 città campione: Milano, Bologna, Roma, Napoli, Cosenza.
L’indagine di tipo qualitativo si è svolta prevalentemente attraverso la raccolta e analisi di interviste riguardanti le storie di vita, nel caso delle persone senza dimora e/o sex worker , o, nel caso delle strutture, le tipologie e modalità di intervento, nonché la percezione delle problematiche relative a orientamento sessuale e identità di genere.

A fronte di una opinione generale da parte degli operatori delle strutture, che individua sia nella povertà materiale, sia nella frattura delle reti relazionali e nella solitudine le cause che portano all’esclusione sociale, la ricerca ha riscontrato una prevalenza di modelli che privilegiano modalità di intervento quali: inserimento lavorativo, assistenza medica, ricerca di un’ abitazione, fornitura di pasti e posti letto ecc…

Risultano invece meno presenti modelli di intervento dedicati all’analisi e al lavoro sulle dinamiche relazionali.

Rispetto alle problematiche delle persone LGBT tutte le strutture dichiarano di non avere restrizioni nell’accogliere persone di ogni orientamento sessuale e identità di genere, pur conservando a volte specificità di target (donne con bambini, uomini soli, famiglie … ). Sia operatori delle strutture che ospiti hanno dichiarato la presenza di episodi di omofobia all’interno dei dormitori e sulla strada. L’omofobia è stata anche individuata come uno dei fattori che, contribuendo alla disgregazione dei rapporti familiari e sociali, lascia le persone più sole nel fronteggiare fenomeni quali la perdita del lavoro, la malattia, etc etc, aumentando così il rischio di incorrere in processi di marginalizzazione.

La dimensione del sex-work è emersa sia come realtà a sé, sia come una delle possibilità di guadagno per coloro che si trovano in strada, per quanto le due dimensioni non appaiano strettamente connesse. La vita delle persone che lavorano sulla strada, pur conservando una comune componente di rischio legata ad aggressioni, MTS, e fenomeni di sfruttamento, presenta una dimensione eterogenea nelle varie città campione a seconda di variabili quali l’atteggiamento delle forze dell’ordine e ordinanze comunali che vietano la presenza di sex worker in strada.

Rebecca Zini, coordinatrice del progetto e responsabile nazionale salute di Arcigay afferma : “L’esperienza di questo progetto suggerisce la grande importanza che può avere il know-how di un’associazione come Arcigay nel contribuire alla formazione di operatori e operatrici che lavorano con realtà come quella dei senza fissa dimora o dei sex worker. Esso inoltre ha evidenziato ancora una volta l’importanza della lotta all’omofobia all’interno di tutte le istituzioni sociali, partendo da quella familiare”

Emiliano Zaino, presidente del Cassero di Bologna, che ha ospitato la conferenza, conferma questa volontà di collaborazione: “La realtà bolognese sta già avviando un percorso di questo tipo concretizzatosi nella richiesta da parte delle associazioni lgbt di entrare a far parte delle consulte comunali sulla famiglia e sull’esclusione sociale.”


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